LA DISPUTA LOCKE/LEIBNIZ

( VOLTAGGIO, LEIBNIZ, UBALDINI, p.87; pp.108 e sgg.)

1670: trattato su Nizolio.

Nel trattato sono già presenti i termini delle argomentazioni polemiche di Leibniz nei confronti della teoria della conoscenza di Locke, trent'anni prima dei Nouveaux Essais:

né il fondamento della realtà, né il fondamento della conoscenza sono di natura empirica;

l' esperienza è del tutto impossibile senza la presenza preliminare di certe forme innate o idee innate, quali la classe, il concetto, la relazione, il tutto e simili. L'esistenza stessa delle cose sarebbe impensabile se non nelle forme universali della loro datità ( tutto, grande, piccolo sono forme della datità delle cose alla nostra osservazione, e, precisamente, forme universali, che, nel mentre possono venir astratte dalle cose a seguito di un procedimento induttivo, non sono tuttavia prodotto di induzione, se per essa intendiamo la raccolta di dati secondo un tratto comune e quindi universale rispetto a quelli  - p.114).

Le cose esistono come individui, ma non sono in nessun caso e in nessun modo altro che la totalità ordinata delle loro parti, ossia totalità distributive;

l'heceitas [6]o esistenza è la condizione universale dei corpi e dei loro fenomeni, talché sarebbe possibile definirla come il primo universale (p.111).
Il De modis significandi dello Pseudo Scoto (punto di riferimento fondamentale del nominalismo ) riconosce la validità dell'esistenza come universale logico . Leibniz  (1668: Confessio naturae contra Atheistas ) ipotizza: tale universale è anche ontologico , costituisce un'essenza che deve essere contenuta nei corpi perché sia possibile la loro datità e la loro definizione  (l'ipotesi ha un'implicazione metafisica e rimanda a Dio, del quale l'esistenza dovrebbe essere il primo dei predicati).
Gli universali, osserva Leibniz, non sono totalità collettive, ossia collezioni di enti singoli  (come sosteneva Nizolio), bensì totalità distributive[7](p.112).

Sono valide le idee innate perché sono, nel contempo, forme preliminari dell'attività conoscitiva e presentificazioni  - identiche alle anticipazioni o prolessi degli Stoici -  dell'unico possibile modo d'essere del reale.

I temi dei Nouveaux Essais sur l'Entendement Humain  (1700):

il concetto di sostanza[8]

Fissiamo, innanzitutto, le parole-chiave della discussione: esserci (sinolo; l'oggetto che può essere definito; sostanza; per Leibniz: totalità ordinata, totalità distributiva) e essere (la definibilità, la categoria di definizione, la possibilità in generale della definizione; l'indicazione generalissima di come deve essere connesso un insieme di predicati perché da esso risulti un soggetto  - p.119).

Locke, riprendendo la fondamentale scoperta del nominalismo: non è possibile estrapolare arbitrariamente la sostanza dalla connessione di certi predicati in un soggetto, perché sarebbe come pretendere di separare l'esistenza dall'esistente.
Obiezione a Locke: Locke ragiona dando per scontato che sostanza  ( materia-forma )  ed essere coincidono.
Non coincidendo, invece, risulta possibile separare l'esistenza concreta, l' esserci, dall' essere .

Per Leibniz: essere e sostanza si distinguono  - l'essere essendo, nel contempo, ciò che descrive qualsiasi oggetto come sostanza.
Due conseguenze:
-l'essere è unico, ma le sostanze sono tante quanti sono gli individui:
-l'essere è necessario; è perciò necessaria la prescrizione del modo in cui devono darsi gli individui per esistere; quindi la connessione predicativa o sostanza è una relazione necessaria e dunque tutte le sostanze sono immediatamente necessarie.
Ma si badi : non necessarie rispetto all'essere ( l'essere è necessario, l'esistenza è solo possibile), necessarie rispetto a se stesse, talché, dato un soggetto, è data la totalità di tutti i suoi predicati, presenti, passati, futuri da cui risulta  - e in quanto necessarie rispetto a se stesse, le sostanze sono soggette al principio degli indiscernibili (se vi fossero due sostanze identiche, non vi sarebbe ragione necessaria e sufficiente del perché sono due e non una  - p.120).

-Dalla doppia natura delle sostanze (necessarie rispetto a se stesse e contingenti rispetto a Dio) ne deriva la loro libertà .

In conclusione : si danno relazioni necessarie fra i predicati di un soggetto ( ossia si danno sostanze, contrariamente a quanto riteneva Locke) : il principio di contraddizione garantisce la conclusione (non si possono attribuire predicati ad un soggetto e nello stesso tempo, negarli).
Il principio di contraddizione acquista un ruolo determinante e costitutivo della stessa esperienza.
Dunque il principio di contraddizione è un principio innato per la conoscenza? Dunque esistono principi innati ?

Le idee innate.

Alla confutazione dell'innatismo di Locke, si obietta:
il senso profondo di un'idea innata non sta tanto nel fatto che di essa lo spirito è immediatamente cosciente, quanto nel fatto che lo spirito è immediatamente in grado di ricavarla proprio dal contesto dell'esperienza. Sapere che Il tutto è maggiore della parte , non significa rappresentarsi mentalmente in atto un tale contenuto, benchè rendersi conto che tutte le volte che si procede alla conoscenza empirica di alcunché, si opera come se si sapesse preliminarmente che il tutto è maggiore della parte.       Così, analogamente, disporre a priori del principio di contraddizione significa semplicemente rendersi contodi applicarlo tutte le volte che si constati la relazione tra un soggetto e i suoi predicati.
La preliminarità o innatismo di questi principi è semplicemente la priorità logica del pensiero nei confronti dei pensati (pp.121,122).

 

 

 

 

 

 

 

 

       



[6]Esistente nello spazio è la formula che ci dà la definizione di corpo; tale formula è composta di due termini: spazio e esistere in .
E' chiaro che tanto l'esistenza, quanto lo spazio si presentano come le condizioni necessarie e sufficienti perché i corpi si diano e si diano proprio con quelle qualità che consideriamo primarie (grandezza, figura, movimento ...), vale a dire come quelle che i corpi necessitano per la loro definizione, laddove tali condizioni non richiedono che i corpi si diano perché se ne possa parlare. Tali condizioni presentano tutti i caratteri degli universali.
A un'attenta osservazione, si constata come lo spazio e l' esistere in possono riguardarsi come complementari. L' esistere in corrisponderebbe, infatti, all' esserci (il Dasein di Hegel), vale a dire all'essere in un certo luogo (hic ) e in un certo tempo  ( nunc ), dunque all' hecceitas degli Scolastici.

 

 

 

 

       

 

[7]

 

 

Si tratta di un tutto logico, in cui , definito con precisione il contenuto, tutti i termini successivi possono essere definiti a partire da quel contenuto stesso (la totalità così ottenuta non risulta dalla semplice aggiunzione degli elementi, come in Nizolio).
In una totalità distributiva, gli elementi costitutivi si distribuiscono in ordine ad un certo criterio predeterminato.

 

 

 

 

       

 

[8]Il significato proprio del termine aristotelico, ousìa,da cui il termine sostanza deriva,   è : definibilità: poiché tutte le cose sono definibili in termini di una relazione esistente tra un certo soggetto e i suoi predicati, e tale relazione è connotabile con la copula è , l' ousìa o essere indica, in generale, la disponibilità delle cose ad essere definite.
D'altra parte, se le cose non ci fossero, non sarebbero neppure definibili, onde la definibilità delle cose o essere, rinvia immediatamente alla loro  esistenza concreta o materiale . Ma allora quando si definisce una cosa, si precisa l'essere di questa materia, ossia se ne definisce la forma di esistenza.
Se ne deduce: la definibilità o essere delle cose rinvia, nel contempo, alla loro consistenza materiale e al modo formale di presentazione di questa consistenza (l' ousìa è ciò che definisce gli oggetti come sinoli ).

Nella scolastica del XII secolo, nel momento conclusivo, cioè, della disputa sugli universali, avvenne l'identificazione di essere con  sostanza. I passi di tale identificazione sono i seguenti:

- si identifica l' essere (che prescrive che le cose non vanno riguardate altro che come sinoli) con il sinolo, immaginato come sostegno o sostrato o sostanza;
- si identifica quindi, essere e sostanza.
Inoltre:
- l' essere essendo un predicato generalissimo delle cose, l'identificazione di esso con la sostanza produce questa conclusione: è possibile un'unica sostanza, di cui i singoli oggetti sono gli accidenti o i modi.
- Conseguenza paradossale della teoria : la struttura delle cose è esterna alle cose (Voltaggio, Leibniz,Ubaldini,p.116).

 

Leibniz: la  sostanza (intesa come una totalità distributiva, ossia come un insieme su cui opera una legge generale ) è forza viva.

Fissato il criterio generale per la configurazione di un dato insieme di eventi, ogni evento futuro. che obbedisca a questo criterio generale, sarà un evento dell'insieme, vale a dire un comportamento di quella particolare sostanza individuale.
In quanto effetto di un comportamento, l'evento in questione permetterà di riguardare quella sostanza in termini di forza.

Due tipi di forze:

forza primitiva:

connaturata alla sostanza o corpo, è coincidente con la totalità determinata dei suoi comportamenti, presenti, passati e futuri.
Può essere pensata come un canone della serie  - legge di composizione dell'insieme .

Forza derivativa o di derivazione:

coincide con il riconoscimento di un fenomeno qualsiasi, come comportamento della sostanza stessa.
Può essere pensata come il criterio di determinazione che consente di reperire un termine come elemento della serie, ossia di designarlo.

Essendo un tutto distributivo, la sostanza presenta in sé la legge generale del comportamento delle sue parti, ma anche il modo di riferire un dato evento alla sostanza medesima, nella misura in cui quello possa essere riguardato come un elemento o parte che obbedisce alla legge generale dell'insieme. Ogni elemento, infatti, entra a far parte di una totalità distributiva, se obbedisce al criterio predeterminato in ordine al quale gli elementi di tale totalità si organizzano. La teoria delle forze trova fondamento in questa concezione della sostanza come totalità distributiva. La sostanza è un centro di attività, è cioè l'espressione di una forza attiva o viva: naturalmente lo è in potenza in rapporto alla forza primitiva, in atto rispetto alla forza derivativa.