Principio di verificazione.

k Principio empiristico e riduzionismo.

k Formulazione del principio di verificazione

Tutte le teorie dei Neopositivisti si distinguono per il fatto di riconoscersi nell'accettazione di un fondamentale principio di verificazione, secondo cui il significato di una proposizione è il metodo con cui empiricamente la confermiamo o la infirmiamo (il principio di verificazione è, pertanto, anche un principio di significanza).

Questo principio racchiude dentro di sé ed esprime, a sua volta, un importante principio empiristico.

Per il principio empiristico, l'esperienza è l'unica auctoritas capace di decidere della verità o della falsità di una proposizione, che con l'esperienza deve, perciò, sempre poter essere messa a confronto, in un rapporto diretto, faccia a faccia.

E siccome le proposizioni di cui noi facciamo uso sono spesso molto complesse, tali da non consentire direttamente il confronto richiesto, il principio empiristico si avvale di una ulteriore tesi, la tesi riduzionista.

Nella sua forma più radicale, la tesi riduzionista chiede che ogni proposizione avente significato risulti traducibile in una proposizione (vera o falsa che sia) su esperienze immediate.

Essa chiede che si sappia determinare una lingua dei dati sensoriali e quindi tradurre in essa qualsiasi discorso significante, proposizione per proposizione (quest'opera di determinazione e di traduzione fu effettivamente intrapresa da Carnap ne La costruzione logica del mondo).

Nella sua forma più attenuata, la tesi riduzionista non pretende più che le proposizioni sul mondo fisico siano traducibili in proposizioni su esperienze immediate, direttamente registrabili.

Ciò che essa richiede, ora, è che a ciascuna proposizione, o, meglio, a ciascuna proposizione sintetica, si possa associare: 1) una ed una sola sfera di possibili eventi sensoriali, in modo tale che la presenza di uno di questi eventi aumenti le garanzie di veridicità della proposizioni; 2) una ed un'altra sola sfera di possibili eventi sensoriali la cui presenza quelle garanzie diminuirebbe.

Nell'una e nell'altra formulazione della tesi riduzionista rimangono costanti due cose: a) si tratta sempre con proposizioni prese singolarmente, una per una; b) si dà per scontato che ogni proposizione possa sempre essere analizzata in una componente linguistica e una componente extralinguistica, fattuale (il che ci riporta alla distinzione tra sintetico e analitico: una proposizione analitica, infatti, è quella in cui la componente linguistica è la sola che conti).

Formulazioni del principio di verificazione.

Il principio di verificazione è stato formulato in diversi modi e, nel corso del tempo, sottoposto a varie revisioni.

Formulazioni originarie del principio di verificazione.

"L'indicazione delle circostanze nelle quali una proposizione è vera, equivale perfettamente all'indicazione del suo senso. E queste condizioni (…) debbono, in ultima istanza, trovarsi nei dati di fatto (…). Il senso di ogni proposizione viene fondamentalmente determinato solo dal dato, e da nessun'altra cosa" (Schlick, Positivismo e realismo 1928)

"Abbiamo già visto come il senso di una proposizione sia il metodo della sua verificazione. Una proposizione vuol dire solo ciò che in essa è verificabile. Pertanto una proposizione, ammesso che voglia dire qualcosa può significare soltanto dei fatti empirici. Una cosa per principio posta al di là dell'esperibile non potrebbe essere né detta né pensata né indagata" (Carnap, Il superamento della metafisica mediante l'analisi logica del linguaggio, 1932).

Un primo ripensamento.

"(…) non vi è modo di comprendere alcun significato senza riferirci, in ultima istanza, a definizioni ostensive [le quali associano i termini di una proposizione alla cose], il che vuol dire, in senso ovvio, riferirci all'"esperienza"o alla "possibilità di verificazione"" (Schlick, Significato e verificazione, 1936. Cfr. il testo sul manuale).

Revisione critica del principio di verificazione.

Riflettendo sul principio di verificazione, nella sua prima formulazione, Carnap. Nella metà degli anni Trenta, rilevò che questo principio aveva avuto il merito di richiamare "l'attenzione sulla stretta connessione tra il significato di una proposizione e la maniera in cui essa è confermata. Da un lato, questa formulazione aiutò così ad analizzare il contenuto di fatto delle proposizioni scientifiche e, dall'altro, a mostrare che le proposizioni della metafisica trans-empirica non hanno un contenuto conoscitivo. Tuttavia, dal nostro punto di vista attuale, questa formulazione, benché accettabile, come prima approssimazione, non è del tutto corretta. Con la sua ipersemplificazione porta ad una troppo limitata restrizione del linguaggio scientifico, escludente non solo le proposizioni metafisiche, ma anche certe proposizioni scientifiche che no hanno un contenuto di fatto. Il nostro compito presente può essere indicato nella modificazione dell'istanza della verificabilità. Si tratta di una questione di modificazione e non di reiezione totale dell'istanza" (Carnap, Testability and Meaning, 1934-36).

Confermabilità e provabilità.

L'empirismo logico modificò il principio di verificazione: dato l'insieme delle proposizioni di una teoria, ciò che ora si richiedeva perché queste proposizioni avessero un significato empirico, è che ad esse potesse venir associata una classe di enunciati "interpretabili" empiricamente.

In particolare (Carnap):

-) una proposizione S è confermabile se è riducibile a predicati osservabili;

-) una proposizione è provabile quando lo sono tutti i predicati che in essa compaiono. Un predicato è provabile (testable) quando è confermabile (ossia riducibile alla classe di predicati osservabili) ed è inoltre effettivamente conosciuto un metodo per procedere alla confermazione.