Antonio Calonego
Verità e ideologia
La formulazione marxiana originaria del termine
Ideologia denotava, come è noto, le idee e le teorie che
sono socialmente determinate dai rapporti di dominazione fra le
classi , e che giustificano tali rapporti fornendone una falsa
coscienza.
Essa, pertanto, conteneva tre elementi costitutivi: lidea
di una forte connessione tra ideologia e potere; la nozione di
falsità e la tesi del carattere socialmente determinato
dellideologia (la sua genesi sociale).
Il pensiero filosofico e sociologico successivo ha spesso
lasciato cadere il primo degli elementi indicati (ideologia e
potere), concentrandosi ora sulluno (la falsità) ora
sullaltro (la genesi sociale dellideologia) dei
rimanenti due.
Mettiamo da parte quelle correnti che, generalizzando
lultimo degli elementi citati, spostano lattenzione
sul fenomeno generalissimo della determinazione sociale del
pensiero di tutti i gruppi sociali in quanto tali - concezione
che finisce per appiattire ogni credenza e si limita a giudicare
ugualmente vere tutte le visioni del mondo delle diverse
società, classi, chiese, sette ecc., rinunciando così
definitivamente alla nozione di falsità - e discutiamo invece di
quelle ricerche che tengono fermo il tema della falsità.
Cosa si dovrà intendere con il termine falsità?
In: Bobbio-Matteucci, Dizionario di politica,
alla voce: "Ideologia", Mario Stoppino individua
fondamentalmente tre risposte.
Conviene seguirne lesposizione e quindi
ragionarci sopra criticamente: classificandone i possibili
significati e discutendone, infatti, M. Stoppino si dichiara alla
ricerca di una definizione della nozione marxiana, che ne
conservi tutta la forza interpretativa e non finisca per
risolversi in una qualche sua versione corretta e annacquata.
Si tratterà, allora, di vedere, in primo luogo, se la
definizione proposta raggiunge davvero lo scopo e, in secondo
luogo, quali interrogativi e quali sfide sollevi il confronto con
unimpostazione e un metodo di analisi, che appartengono ad
un ambiente culturale legato alla ricerca empirica e ad uno stile
di pensiero di tipo logico-linguistico.
Un primo modo di affrontare la questione
conduce subito alla risposta : una credenza è falsa perché
non corrisponde ai fatti. Lunica cosa empiricamente
sensata che possiamo voler dire quando qualifichiamo una credenza
come "ideologica", è che essa è una falsa
rappresentazione di come stanno le cose nel mondo.
Il modello di questo modo di trattare largomento è
facilmente reperibile nelle pagine del filosofo scozzese David
Hume (1711, 1776) e, per esempio, nel suo Of the Original
Contract, pubblicato a Londra agli inizi del 1748.
Criticando la teoria whig del consenso e del contratto originario
di derivazione lockeana, Hume distingue in essa un aspetto
descrittivo, in cui la teoria pretende di spiegare in cosa
consista il "fondamento del governo", e un aspetto
prescrittivo, in cui la teoria formula il giudizio di valore:
"il consenso popolare è il migliore e più giusto dei
fondamenti del governo".
In generale, un giudizio di valore non è qualcosa intorno a cui
abbia senso ragionare chiedendosi se è vero o falso; possiamo
accettarlo o rifiutarlo, ma non scaricare sullesperienza la
responsabilità della scelta che facciamo quando lo accettiamo o
lo rifiutiamo. Il suo esser valido o non valido non dipende,
infatti, dallesperienza.
Al contrario, per Hume, un giudizio di fatto ha nelle circostanze
empiriche cui rimanda, il suo banco di prova e le ragioni che
possono spingerci a sostenerlo o a respingerlo.
Lanalisi di Hume si rivolge, pertanto, allaspetto
descrittivo della teoria whig, di cui contesta lastrattezza
e a cui contrappone una visione più aderente alla realtà dei
fatti storici: "Quasi tutti i governi attualmente
esistenti, o di cui rimanga una qualsiasi documentazione storica,
originariamente sono stati fondati o sullusurpazione o
sulla conquista, oppure su entrambe, senza alcuna pretesa al
leale consenso o di volontaria soggezione da parte del popolo. (
) Non lasciamoci ingannare dallordine instaurato
dalla Rivoluzione [ "The Glorious Revolution" del
1688-89] (
) fu solo la maggioranza di un gruppo di
settecento persone a decidere quel cambiamento, riguardante circa
dieci milioni di persone".
Il modello humiano mostra chiaramente quale sia il suo
presupposto di fondo. Il suo presupposto di fondo è che debba
sempre essere possibile distinguere tra fatti e valori, tra gli
aspetti descrittivi e quelli prescrittivi di un discorso.
Anche volendo ammettere, senza ulteriore discussione, questo
punto (nel linguaggio comune, che è il linguaggio in cui le
credenze politiche sono in gran parte espresse, lintreccio
tra i due aspetti può, tuttavia, risultare molto complesso, e la
distinzione auspicata tuttaltro che agevole), risulta
comunque evidente che una concezione che intendendo
lideologia come falsa rappresentazione condivida quello
stesso presupposto, si troverebbe inevitabilmente limitata nel
suo campo dazione, potendo applicarsi solo agli aspetti
descrittivi di una credenza e non a quelli prescrittivi.
D'altronde, l'originaria formulazione marxiana del concetto di ideologia
aveva di mira le credenze prese ciascuna nel suo complesso e non
in una sua parte soltanto; anzi, l'esigenza che aveva portato
Marx ad elaborare il concetto di ideologia era stata
proprio quella di fornirsi di uno strumento teorico capace di
spingere l'indagine critica e razionale fin dentro il mondo dei
valori.
Non possiamo perciò identificare la "falsità"
su cui ci stiamo interrogando, con la nozione di falsa
rappresentazione: il fatto che in una credenza vi sia una falsa
rappresentazione non è il criterio decisivo per stabilire se
quella credenza è ideologica oppure no.
Seguendo questo ordine di idee, G. Bergmann,
nel suo scritto Ideology (in The Methaphysics of
Logical Positivism, New York, 1954) ha rivisitato il concetto
in discussione e ne ha proposto una nuova interpretazione.
Il carattere ideologico di una proposizione, egli dice, non
consiste nella sua mancata corrispondenza con i fatti; essa non
è un giudizio di fatto, bensì un giudizio di valore
e in quanto tale non è né vera né falsa.
Questo, però, non esclude che si possa parlare di "falsità"
anche nel caso di una proposizione a carattere ideologico,
purché si riesca ad assegnare al termine "falsità",
usato in questo contesto, un significato preciso e razionalmente
comprensibile.
Quantunque unasserzione ideologica sia un giudizio di
valore, essa, tuttavia, non è così che appare alla
coscienza, cui, invece, si presenta nella falsa veste di
unasserzione di realtà.
La falsità di unasserzione ideologica è, perciò, la
falsità di un travestimento; è una falsa presentazione.
Essa consiste nellincompatibilità tra il contenuto (che è
una valutazione) e la forma simbolica ( che è quella tipica
delle asserzioni di fatto).
Ciò che è falso è, dunque, lo status simbolico
dellasserzione, il suo modo di presentarsi alla coscienza.
Tuttavia, osserva Mario Stoppino, quantunque questa
interpretazione sia indubbiamente brillante e individui un
fenomeno di rilievo, essa, tuttavia, sembra dettata
principalmente dallintento di purificare la teoria o
lintelletto dalle incrostazioni che le derivano dalle
esigenze concrete di un agire che opera nel quotidiano, e che
frequentemente producono dogmatismo e intolleranza. La critica
dellideologia genera, allora, chiarezza intellettuale e
consapevolezza della distinzione tra fatti e valori.
Ovviamente, tutto questo è importante.
Ma si può dire che una credenza cessa di essere ideologica, se
in essa viene corretta la presentazione dei giudizi di valore, e
questi ultimi vengono tutti restituiti al loro status
simbolico appropriato?
Se fosse così, egli aggiunge con un esempio, la credenza di due
schiavi, che giustifica come buono e legittimo il potere che il
padrone ha su di loro, sarebbe ideologica per il primo, perché
nella sua coscienza i giudizi di valore si presentano sotto la
forma di asserzioni di fatto, ma non per il secondo, nella cui
coscienza i giudizi di valore si presentano nella loro forma
simbolica corretta.
Liberare lintelletto dalle confusioni che interferiscono e
oscurano la sua visone della realtà, è una cosa, liberare
lagire concreto dai travisamenti della teoria o della
coscienza, è unaltra..
Lobiezione di Mario Stoppino ha il pregio di mostrare che
cè qualcosa in più nel marxiano concetto di ideologia
rispetto a quanto non vi sia nellinterpretazione di
Bergmann.
Il concetto bergmanniano, infatti, non mette in discussione il
processo di formazione dei valori, li accetta come dati e,
quindi, concentra lattenzione sullo stadio nel quale i
valori già formati, per incrementare la loro efficacia, si
presentano nella forma simbolica delle asserzioni di fatto.
In breve, il concetto marxiano riguarda la formazione (la genesi)
dei valori; il concetto bergmanniano la loro formulazione.
E poiché il problema della formazioni dei valori si riferisce,
in Marx, allo stadio nel quale le condizioni reali del potere,
contribuendo a forgiare la rappresentazione-accettazione del
potere, contribuiscono a forgiare gli stessi valori, siamo in
questo modo ricondotti a quel tema ideologia-potere che,
fin qui, era rimasto trascurato o sullo sfondo.
I sistemi di credenze politiche che possono avere carattere
ideologico, scrive Mario Stoppino presentando la sua proposta,
interpretano e giustificano date situazioni di potere,
qualificandolo come buono o/e utile e quindi motivando i
comportamenti di comando e i comportamenti di obbedienza.
Possiamo allora individuare unaltra nozione di "falsità": il giudizio di valore può essere una falsa motivazione, che copre o maschera i motivi reali del comando o dellobbedienza.
In questo caso, la falsità non è più quella
di un giudizio di valore che si traveste da giudizio di fatto
(come nella falsa presentazione), bensì quella di un
fatto che si traveste da valore.
Per esempio, quelli che sono di fatto gli interessi particolari
diventano il bene comune; oppure quella che è di fatto la
necessità di piegarsi a una forza superiore diventa il dovere di
obbedire ad un principio etico.
Il concetto di ideologia come falsa motivazione è
analogo al concetto psicoanalitico di "razionalizzazione",
con il quale si designa lelaborazione di motivi fittizi per
proprie azioni o propri atteggiamenti, i cui moventi reali
restano inconsci.
Il concetto di "razionalizzazione" riguarda,
però, la sfera delle dinamiche psicologiche legata ai
comportamenti individuali. Diversamente, il concetto di ideologia
riguarda i comportamenti collettivi, che si manifestano in una
certa relazione di potere, ed ha perciò natura sociale.
Ne segue che ideologiche saranno da considerarsi quelle
credenze collettive che nascondono o mascherano i veri moventi
della condotta a livello di gruppo o dellaggregato sociale.
Intesa in questo modo, la falsità riguarda direttamente
laspetto pratico e funzionale delle credenze politiche e
precisamente il fatto che lefficacia con cui guidano i
comportamenti collettivi, sia dipendente o indipendente dai
rapporti di potere (efficacia che, invece, per il criterio della falsa
rappresentazione restava un problema senza soluzione) .
Come si vede, linterpretazione di Mario
Stoppino si fonda sul seguente assunto: lideologico è
opposto al vero.
Questo assunto è implicito in ciascuno dei tre casi presi in
considerazione e ogni volta ribadito in ciascuna delle tre
soluzioni esaminate. Infatti:
- quando vero significa descrizione vera o rappresentazione vera, ideologico significa rappresentazione falsa ossia: non corrispondente ai fatti;
- quando vero significa qualcosa che per poter venire stabilito presuppone una proposizione chiara e distinta, ossia trasparente allintelletto, ideologico significa oscuro, confuso, non scientifico, dogmatico.
- quando vero significa: corrispondente ai reali moventi dellazione, ideologico significa non corrispondente ai reali moventi dellazione e quindi ingannevole, mistificante.
E fuori dubbio che nessuna di queste tre proposte rende il concetto marxiano e che, in particolare, la soluzione prospettata da Stoppino fallisce lo scopo e non riesce, come lautore invece vorrebbe, a rispettare il senso originale del termine ideologia.
Per Marx, infatti, lideologico non è opposto al vero.
Supponiamo, per intenderci, che un Rockfeller
dica: "Per uscire dalla crisi, è necessario che tutti
facciano sacrifici".
E unaffermazione falsa, ingannevole, non fondata?
Al contrario: essa è perfettamente vera; perfettamente
corrispondente ai fatti della nostra società, nella quale il
bene e linteresse collettivo sono subordinati alla
realizzazione dellinteresse privato. Ma sono proprio i
fatti a costituire il problema. Quella rappresentazione si limita
ad assumerli così come si presentano, si adegua ad essi, senza
vederne la "tensione interna", la "logica"
che li produce e che si riproduce ogni volta, perché agendo
secondo le sue regole, facendo sacrifici per esempio, noi la
confermiamo.
Il concetto marxiano di ideologia è, dunque, molto più ricco e
complesso di quanto M. Stoppino sembra credere.
Stabilito questo, ora, però, proviamo a
spostare l'attenzione dalle cose di cui stiamo parlando ai
discorsi che usiamo per descriverle e parlarne e alle teorie
filosofiche o scientifiche cui facciamo riferimento. Una teoria
filosofica, ovviamente, è un oggetto consapevole e raffinato,
che si costruisce ponendosi ad una certa distanza dalla coscienza
comune.
Per esempio,. proviamo a spostare lattenzione dalla
rappresentazione ideologica, riferita a teorie che si riconoscono
in una visione empirista della realtà, al discorso che dice che
quella rappresentazione è ideologica.
Se lesposizione riassuntiva che ho tentato prima, è
corretta, allora il punto su cui conviene concentrarci è la
coppia: "tensione interna" / fatti.
Il rischio che io vedo in questa coppia di termini è la
tentazione di intenderla in chiave di contrapposizione.
Tanto più che laggettivo "interno" richiama
subito alla mente lidea di qualcosa che sta dietro o che
sta dentro ed è invisibile, ossia non accertabile empiricamente,
come lanima, che nella tradizione cristiano-occidentale, è
pensata come qualcosa di "più profondo".
La contrapposizione sarebbe allora tra una profondità
significativa e una visione di superficie: ciò che i fatti ci
suggeriscono condurrebbe, se quellinterpretazione fosse
corretta, ad una rappresentazione vera, ma parziale delle cose.
Espressioni come "tensione interna" e simili, di cui fa
largo uso la riflessione dialettica, contengono metafore ad alto
potere sintetico e certo molto efficaci, ma anche, a mio parere,
fuorvianti. Sembrano, infatti, avallare lidea che ci sia un
altro modo per arrivare alla comprensione di ciò che accade,
diverso da quello che consiste nel passare sotto le forche
caudine dei fatti.
Eppure, Il capitale di Marx è pieno di fatti: esempi empirici,
numeri, tabelle, formule matematiche che mettono in relazione
fenomeni accertabili empiricamente
(tra laltro,
molti di quegli esempi sono tratti dalla letteratura che egli
critica, con un gusto per la discussione e il confronto sui dati
forniti dallinterlocutore, che si è in gran parte perso
nel marxismo del Novecento; il marxismo del Novecento, al
contrario, molto spesso si è costruito citando se stesso).
Stando così le cose, deve esserci un altro modo di rendere la
metafora della "tensione interna" e quindi, di
conseguenza, un altro modi di spiegare i limiti di quelle teorie
nelle quali si esprime una visione empirista della realtà.
Il punto, secondo me, è il seguente: assumendo i fatti,
lempirista assume anche, tacitamente, che questi sono tutti
i fatti che contano.
Egli cioè assume sia un certo criterio di selezione dei fatti,
sia un cero criterio di rilevanza (per cui, ad esempio, la
disoccupazione viene vista come un fenomeno microeconomico, e
quindi posta sullo sfondo rispetto ad altri fenomeni che, invece,
vengono collocati in primo piano ).
Utilizza un certo criterio di selezione e un certo criterio di
rilevanza, ma ragiona come se le sue conclusioni dipendessero
unicamente dai fatti; come se fossero solo i fatti a parlare e
lui non ne fosse che un asettico osservatore.
Modificando quel criterio di selezione e quel criterio di
rilevanza ossia, costruendo una diversa teoria Marx
produce una diversa rappresentazione dei fatti, li collega
diversamente; li collega in modo che questi risultino momenti di
un sistema di relazioni, il quale preso nel suo complesso
definisce lo "spazio" della società capitalistica;
ossia definisce la società capitalistica come sistema
organicamente integrato, e non come la semplice somma delle
azioni di operatori indipendenti.
Quando spostiamo lattenzione e la
concentriamo sulle teorie e sul confronto tra teorie, quello che
troviamo, alla fine, sono gli ingredienti di cui sono fatte tutte
le teorie: fatti, concetti, metodi.
M. Stoppino sbaglia sicuramente quando crede, con la sua
specifica proposta, di poter rendere conto in quel modo del
concetto marxiano di ideologia.
Ma le domande di fondo che il suo discorso presuppone, a mio
avviso, non sono sbagliate: quali sono i fatti, i concetti, i
metodi ?