v. Kant, Frege: esistenza; v. Kant, "Crit. d. r. p."

 

TERMINE:> prova ontologica

AUTORE :> Kant

Osservazioni Sommario:

Il problema logico
Logica e psicologismo

 

Il problema logico

Il problema logico:

  1. quando si può dire che frasi del tipo: "Dio è onnipotente, onnisciente ecc.", "Giovanni legge un libro", "Alessandro Manzoni è l'autore dei Promessi sposi" ecc., hanno senso (possono essere o vere o false) ?;
  2. quando è legittima l'inferenza da "Dio è onnipotente, onnisciente ecc." a "Vi è Dio" ?.

N.B.: quando io esibisco l'oggetto (la persona) che corrisponde ai soggetti delle frasi citate, do immediatamente senso alle frasi e rendo del tutto oziosa la domanda (b). D'altra parte, l'esibizione di un dato oggetto risolve le questioni (a) e (b) solo relativamente alla data proposizione che di quell'oggetto tratta, ma non li risolve in generale.

Il problema logico riguarda il fatto linguistico, considerato in generale e preso nella sua specificità linguistica, a prescindere da come stanno le cose nel mondo.

Dicendo: da "Dio è onnipotente, onnisciente ecc." non posso concludere "Dio c'è", a meno che non possa esibire l'oggetto che corrisponde al nome proprio, Kant mostra di non cogliere chiaramente gli aspetti logici del problema.

Nella logica moderna, la questione (a) è risolta in due modi:

  1. o ricorrendo al concetto di presupposizione (Strawson), modellato sugli usi del linguaggio comune, per cui l'esserci dell'oggetto è condizione necessaria e sufficiente perché la proposizione possa dirsi vera o falsa;
  2. o reinterpretando la proposizione stessa in modo da farle contenere un'esplicita affermazione di esistenza (Russell, On Denoting), cosicché la proposizione risulti avere sempre senso anche nei casi in cui non vi sia alcun oggetto o ve ne sia più d'uno (casi in cui la proposizione si rivelerebbe falsa).

Kant la risolve ricorrendo alla nozione leibniziana di oggetto possibile.

Per la questione (b), l'inferenza non ha ragion d'essere se si adotta la posizione di Strawson. E' invece lecita per Russell.

Per Kant essa non è una vera inferenza, bensì solo un ridire a parole ciò che l'esibizione dell'oggetto mostra prima e indipendentemente.

Logica e psicologismo

Dicendo "C'è Giulio Cesare", osserva Frege (Oggetto e concetto), quello che dico è: "Vi è un uomo chiamato Giulio Cesare". Un uomo chiamato Giulio Cesare è un concetto e l'intera frase ("Vi è un uomo chiamato Giulio Cesare") asserisce che tale concetto è non vuoto (essa parla del concetto e non dell'oggetto; non ci dice nulla di Giulio Cesare).

Un'affermazione di esistenza, perciò, riguarda sempre un concetto e non l'oggetto che cade sotto di esso.

Analogamente, dire "C'è Dio" significa: "Vi è un essere onnipotente ecc. chiamato Dio". In questa interpretazione, come si vede, il predicato ("è onnipotente ecc.") della frase di partenza ("Dio è onnipotente ecc.") è come se, per così dire, fosse diventato più importante del nome proprio e del soggetto della frase. E' rispetto ad esso (predicato) che viene affermata l'esistenza; non rispetto al soggetto della proposizione.

Al contrario, Kant ritiene che affermazioni come "Vi è Dio", "Vi è Giulio Cesare", parlino direttamente della persona, dell'oggetto; che affermare l'esistenza di Dio significhi affermare qualcosa del soggetto della proposizione "Dio è onnipotente ecc." e cioè che questo qualcosa può essere reperito nell'esperienza ed ha le caratteristiche degli oggetti empirici. [Per Kant: oggetto = oggetto empirico, laddove, invece, Frege, con "oggetto", intende qualsiasi cosa). "Dio" e "Giulio Cesare" sono trattati come aventi un significato "prima" e indipendentemente dalle proposizioni di cui fanno parte.

Ma se io dico "Vi è Mario Rossi" e considero "Mario Rossi" come il nome di un determinato oggetto, mi trovo di fronte al problema che il nome non identifica chiaramente l'oggetto (chi è questo Mario Rossi ?). L'unico modo per risolvere il problema, in questa prospettiva, diventa allora quello di introdurre un riferimento all'intenzione di chi parla; ossia di introdurre nello studio logico di un fatto linguistico, in via essenziale, un riferimento alla coscienza e all'esistenza di un rapporto di intenzionalità tra la coscienza e la cosa verso cui essa tende (psicologismo).