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"[...]il concetto che non si contraddice è ben lungi dal dimostrare la possibilità dell'oggetto." (Laterza, p.470).
Essere "nell'uso logico è solamente la copula di un giudizio. Il giudizio: Dio è onnipotente, contiene due concetti, che hanno il loro oggetto: Dio e onnipotenza: la parolina "è" non è ancora un predicato, bensì solo ciò che pone il predicato in relazione con il soggetto. Ora, se io prendo il soggetto (Dio) con tutti insieme i suoi predicati (ai quali appartiene anche l'onnipotenza), e dico: Dio è, o c'è un Dio, io non affermo un predicato nuovo del concetto di Dio, ma soltanto il soggetto in sé con tutti i suoi predicati, e ciè l'oggetto in relazione con il mio concetto. Entrambi devono avere esattamente un contenuto identico, e però nulla si può aggiungere di più al concetto, che esprime semplicemente la possibilità, per il fatto di pensare l'oggetto come assolutamente dato (con l'espressione: egli è).
[...] Sia quale e quanto si voglia il contenuto del nostro concetto di un oggetto, noi dobbiamo sempre uscire da esso, per conferire a questo oggetto l'esistenza.
Negli oggetti dei sensi questo accade mediante la connessione con una delle mie percezioni secondo leggi empiriche; ma per gli oggetti del pensiero puro non c'è assolutamente mezzo di conoscere la loro esistenza, poiché questa dovrebbe conoscersi interamente a priori; ma la nostra coscienza di ogni esistenza (o per percezione, immediatamente, o per ragionamenti che rannodano qualche cosa alla percezione) appartiene in tutto e per tutto all'unità dell'esperienza" (Laterza, p. 472 e p. 474)
Cfr. Frege
Cfr. "esistenza (Kant e Frege)"