La natura del linguaggio.

L’esposizione che Wittgenstein fornisce intorno alla natura del linguaggio si divide in due parti: la ‘teoria della raffigurazione’, che riguarda le proposizioni elementari, e la ‘teoria delle funzioni di verità’, che riguarda le proposizioni complesse.

Se il linguaggio è direttamente connesso con il mondo, devono esistere delle proposizioni direttamente connesse con il mondo, i cui significati cioè non derivino da altre proposizioni: egli chiamò queste proposizioni ‘elementari’. Si noti, nella frase appena scritta che cerca di riprodurre la linea di pensieri seguita da Wittgenstein, quel ‘devono’ che lega la premessa dell’argomentazione con la conclusione che stabilisce l’esistenza di ‘proposizioni elementari’: lo schema del ragionamento è del tutto a priori. Wittgenstein non arrivò a quella conclusione generalizzando da casi singoli (ad esempio avvedendosi che certe proposizioni sono ‘elementari’ nel suo senso), ma, al contrario, convincendosi che il linguaggio deve presentare di fatto ‘proposizioni elementari’, perché sia possibile una connessione con il mondo (l’esistenza delle ‘proposizioni elementari’ è garantita solo per via di una ‘inferenza metafisica’).

Così stando le cose, Wittgenstein si trova di fronte alla prima difficoltà cui deve rispondere: in che modo le proposizioni elementari sono legate al mondo ?

La ‘teoria della raffigurazione’ risponde alla domanda e spiega in che modo le proposizioni elementari possono essere a diretto contatto con la realtà: esse sono ‘raffigurazioni logiche’ di fatti atomici.

Le proposizioni non-elementari si capiscono tramite quelle elementari; i loro significati dipendono da certe proposizioni elementari.

Di qui, la seconda difficoltà: in che modo le proposizioni complesse sono in relazione con quelle elementari ?

Tutte le proposizioni non-elementari, risponderà Wittgenstein, sono ‘funzioni di verità’ delle proposizioni elementari.

Wittgenstein sostiene anche che il ‘linguaggio ordinario’ è, da un punto di vista logico, ‘perfettamente in ordine’, ossia presenta la medesima struttura di questa lingua abscondita, di questo linguaggio invisibile fatto di proposizioni elementari e di funzioni di verità, anche se di tutto questo noi comunemente non siamo in grado di avvedercene.

Ne consegue che lo schema di analisi che egli propone deve potersi applicare anche alle proposizioni del ‘linguaggio quotidiano’: asserzioni di probabilità, di credenza, ipotesi scientifiche, proposizioni generali.